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Spariranno 12mila medici: prima gli anestesisti e poi i chirurghi

Professione Redazione DottNet | 12/07/2018 18:25

Intanto 15mila neo laureati sono fermi perché non possono accedere al lavoro

I primi a rischio di estinzione, a breve, sono gli anestesisti, ma non se la passano molto meglio neanche chirurghi, igienisti, ginecologi e psichiatri: nei prossimi 5 anni, infatti, in Italia mancheranno 11.800 camici bianchi, per effetto dei pensionamenti o di passaggi al privato.   A lanciare l'allerta è la Federazione delle aziende sanitarie pubbliche (Fiaso), che descrive un quadro allarmante 'arricchito' però, come denunciano gli Ordini dei medici, anche da un paradosso tutto italiano: se da un lato mancano i medici, dall'altro sono oltre 15mila i laureati in Medicina ad oggi al 'palo' e inoccupati.

Attualmente, spiega la Fiaso, abbiamo ancora più medici degli altri Paesi Ue con sistemi sanitari simili, ma da qui al 2022 tra uscite dal lavoro e numero contingentato di nuovi specialisti mancheranno 11.803 dottori, anche se si andasse ad un totale sblocco del turn over. Questo anche a causa del fatto che il 35% lascia il lavoro prima dei limiti di età, perché si prepensiona o per andare nel privato. Un problema è anche rappresentato dal fatto che, in entrata, uno specializzando su 4 non opta per il servizio pubblico. Il quadro del fabbisogno medico in Asl e ospedali è tracciato dal Laboratorio Fiaso sulle politiche del personale, con uno studio presentato in occasione dell'Assemblea annuale della Federazione svolto su un campione rappresentativo di 91 aziende sanitarie e ospedaliere, pari al 44% dell'universo sanitario pubblico.

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E le carenze sono allarmanti: nei prossimi 8 anni, i medici dei servizi sanitari di base "scompariranno", mentre gli igienisti si ridurranno del 93% e i patologi clinici dell'81. Internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi e riabilitatori si ridurranno a loro volta di oltre la metà, anche se il maggior numero di cessazioni dal lavoro si avrà tra gli anestesisti, che lasceranno in 4.715 da qui al 2025. Altro dato a saltare all'occhio, sottolinea la Fiaso, è poi il primato italiano di anzianità dei medici, che nel 51,5% dei casi hanno superato i 55 anni di età, contro il 10% del Regno Unito e il 20% di Olanda e Spagna. Da qui al 2025, complessivamente 40.253 medici compiranno i 65 anni, mediamente buoni per il pensionamento, ma le cessazioni saranno molte di più: 54.380.

Eppure, "al 2017, si contano oltre 15mila laureati 'al palo': sono laureati in Medicina che, a seguito del numero chiuso, non sono riusciti ad ottenere nè l'accesso ad una borsa per la Specializzazione nè al corso di Medicina di famiglia. Non possono dunque entrare a pieno titolo nel Servizio sanitario e lavorare, ma solo attendere", denuncia il segretario della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Roberto Monaco. Vanno poi considerate le "migliaia di laureti che hanno fatto ricorso al Tar per il mancato accesso alle borse: per questo - avverte Monaco - stimiamo che in pochi anni si determinerà uno 'tsunami' di 36mila laureati che chiederanno di accedere alle Specializzazioni".

Che fare allora? La via è una "maggiore valorizzazione delle professioni non mediche e una forte integrazione col territorio ma anche, ad esempio - afferma Ripa di Meana - impiegare i medici neo laureati per la gestione dei pazienti post acuzie dopo un affiancamento con tutor esperti". Innovazioni, conclude, che "possono trasformare in opportunità di miglioramento dei servizi la criticità del fabbisogno di medici nel nostro Paese". 

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